Anno di uscita: 2013
Piattaforme originali: PC, PS3, Xbox 360
Port successivi: Mac OS X, PS4, Xbox One
Come altresì saprete, i fan dell’archeologa in pantaloncini sono stati distratti nell’attesa dall’uscita di Lara Croft and the Guardian of Light (seguito nel 2014 da Lara Croft and the Temple of Osiris), uscito nel 2010 ESCLUSIVAMENTE IN FORMA DIGITALE su PC, Xbox 360, PS3, dispositivi Apple e Blackberry (no ma ve li ricordate i Blackberry? Sigh…), un titolo spin-off isometrico-puzzle-multiplayer.
Stando a un impiegato della Crystal (fonte: Unseen64 ma ho parafrasato la storia) “C’è un motivo se non abbiamo voluto scomodare il titolo “Tomb Raider” per quel gioco [Guardian of Light]: lo stavamo tenendo in serbo per il nuovo capitolo della serie: Tomb Raider Ascension!”
Tomb Raider Ascension sarebbe stato il nono capitolo della serie Tomb Raider, e avrebbe seguito una strada estremamente diversa sia dai giochi che l’hanno preceduto che da quelli che sarebbero effettivamente venuti dopo.
Si sarebbe trattato di un gioco open-world ambientato in un’isola, con la presenza di una bambina di 6 anni come companion (che avrebbe creato del gameplay asimmetrico) e la possibilità di viaggiare e combattere a cavallo. L’isola sarebbe stata disseminata di nemici soprannaturali/spaventosi/giganteschi e le ispirazioni più ovvie sono ICO e Shadow of the Colossus.
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Ma non siamo qui per parlare di quello che NON è stato, horragione? Andiamo con ordine.
Come tutti (ma proprio tutti) sapete questo capitolo è un reboot. E non nel senso che un po’ continua e un po’ no, ma nel senso che proprio si ricomincia da zero. Lara Croft è giovane e inesperta, la sua data di nascita non è più il 1968 (eh già) ma il 1992, il 14 febbraio per l’esattezza. Anche se durante la promozione di questo gioco è stata usata la tagline “A Survivor is Born” e l’hashtag #reborn, il titolo è semplicemente TOMB RAIDER.
La storia in breve: Lara è una studentessa secchiona quanto avventurosa che si imbarca insieme a una ciurmaglia di varia umanità alla volta dell’isola di Yamatai, nel Triangolo del Drago (come le Bermuda ma giapponese). Fatalità la nave viene colpita da una tempesta e naufraga sull’isola. Qui Lara farà ben presto la conoscenza di un gruppo di svalvolati on the road, guidati da un losco figuro, che in quanto bravi razzisti occidentali rapiscono l’unica asiatica della ciurma (guardacaso una compagna di scuola di Lara) per usarla per non dico cosa se no spoilero. Ha qui inizio una disperata ricerca dell’amica da parte di Lara, condita di tante, tante, tante, tante botte.
Alcuni dei compagni di Lara. No, quello non è Maui.
Sì, la quantità di percosse che si becca Lara in questo gioco rasenta il ridicolo, ma per fortuna è uno di quei giochi ekscion in cui la vita si recupera da sola. Nella primissima parte dell’avventura Lara sarà tutta dolorante e si lamenterà continuamente di avere fame, e il gioco ci spiegherà come cacciare. Da questo uno potrebbe erroneamente pensare che il gioco sarà super-open world con un sistema di nutrimento, ma… no. Lara non avrà mai più fame, e il gioco è del tipo “strettoia-slargo-strettoia-slargo” alternati, sono ben poche le ambientazioni davvero aperte. E nessuno si lamenta.
Ciò non vuol dire che nelle aree manchino cose da trovare, far from it. Da bravo Tomb Raider, questo gioco è zeppo di segreti. Ci sono innanzitutto i GPS, degli affarini piccoli e facili da non notare, che all’inizio sembrano inutili ma poi si capirà che fanno parte di qualcosa di più grande (tra l’altro, una volta trovati tutti si sentirà un suono familiare); poi le reliquie, degli oggetti di varia provenienza e interessanti dal punto di vista storico; e ovviamente i documenti, dei pezzoni di lore che non mancano mai in un gioco esplorativo moderno. Inoltre in ogni area ci sono anche delle mini-sfide della serie “punti abilità di Spyro 2” sapete no, degli obiettivi nascosti tipo “brucia tutti gli stendardi”, “fai esplodere tutte le mine”, e a differenza degli altri, questi non saranno MAI segnati sulla mappa (mentre gli altri segreti è possibile farli apparire in alcuni modi).
Neeeeeeeerd!
Parlando dei documenti, il gioco è interamente tradotto e doppiato in italiano. E direi che hanno fatto un buon lavoro. Il cattivo è doppiato da Mario Scarabelli (Squiddi o, se preferite, il narratore di Dragon Ball) e la voce di Lara si chiama Benedetta Ponticelli: ve la ricorderete come iCarly, Fluttershy e Applejack in MLP e ovviamente… Jimmy Neutron. Comunque sia, non sarà Elda Olivieri (sigh) ma la sua voce le assomiglia molto, pare proprio di sentire un’Elda più giovane. Good Job Jimbles Notronbo.
Il gameplay di Tomb Raider 2013 ha varie cose in comune con i titoli precedenti della Crystal, tra cui l’arrampicata. Come nei giochi Crystal precedenti, le sporgenze dove ci si può appendere sono colorate di bianco e le meccaniche sono estremamente intuitive. Forse non sarà sviluppato e rifinito come in Underworld, anche perché in proporzione ci sono molte meno sequenze di arrampicata pura e queste ultime di solito fanno parte delle fasi action.
Lara ha una piccozza con cui affronta le pareti più difficili e che la aiuta anche a ziplinare giù per le corde (shakabra! Mille euri a chi la capisce), e oltre a quella ci sono quattro armi diverse: l’arco e le frecce che permettono uccisioni stealth, la pistolina che serve a poco, il fucile d’assalto per i nemici vicini e il mitra per fare abbastanza danno da lontano. I puzzle, che sono il cuore della serie Tomb Raider da sempre, ci sono, non temete, ma seppur fatti bene e ingegnosi sono pochi e distanziati. Sapete cosa? Mi farò revocare la tessera del fan club di TR e dirò che è meglio avere pochi puzzle fatti bene che cinquantamila di seguito di cui solo uno è memorabile e gli altri solo frustranti.
Nel gioco è presente un sistema di punti esperienza, che si ottengono cacciando, uccidendo i nemici, risolvendo puzzle o scoprendo segreti. Una volta raggiunto un “level up” Lara ottiene un punto abilità da sfruttare per migliorare una caratteristica o sbloccare cose fighe tipo “oggetti già segnati sulla mappa”. Inoltre, i nemici droppano anche i cosiddetti “materiali”, che raccolti in quantità permettono di migliorare le armi. Punti abilità e miglioramenti di armi si possono utilizzare una volta raggiunti gli accampamenti, che fungono da checkpoint barra punti di salvataggio (anche se c’è l’autosalvataggio abbastanza spesso) barra in alcuni casi punti di viaggio rapido. Ebbene sì, arrivata in certi accampamenti, Lara può teletrasportarsi in una zona già esplorata nel caso abbia mancato qualche collezionabile, e alle volte potrebbe incontrare qualche nemico extra da affrontare che gli sviluppatori hanno messo a chiedere l’elemosina giusto perché le aree rivisitate non siano completamente noiose. La possibilità di teletrasportarsi in giro per l’isola non è mai giustificata “in-universe”, ma non che dia fastidio. Meglio quello che inventarsi storie strane e assurde per giustificare una necessità di gameplay.
Parliamo un attimo dei nemici. Come abbiamo detto, sono tutti naufraghi come noi, ma convertiti a un culto psicotico ed estremamente violenti. Sì, come Tomb Raider II e Legend prima di lui, Tomb Raider 2013 non ci va piano con le sparatorie. Succedono spesso, e anche se non abbiamo una barra della vita o degli oggetti curativi da sprecare sono abbastanza fastidiose. I nemici sono spesso troppi o troppo forti, e un paio di volte mi sono trovato a grugnire dopo essere morto per l’ennesima volta e costretto a ripetere la sequenza di combattimento dall’inizio. Ah e poi senza fare spoiler (anche se si capisce) il boss finale è stata una delusione enorme. Uno stupido quick time event anticlimatico, noioso, trial-and-error, e una volta finito continuavo ad aspettarmi che ci sarebbe stata una vera battaglia con un vero boss e invece… vabbè, è quello il problema di non avere un megamostrone ma un umano come boss finale. Non puoi mica sparare ventimila volte a un umano senza che muoia (anche se un certo miniboss in Tomb Raider II potrebbe dissentire).
Ora passiamo al lato tecnico. Nonostante il mio PC sia un peto e io abbia dovuto letteralmente abbassare al minimo tutte le specifiche, e anche allora il framerate era raramente fluido come avrebbe dovuto, visivamente questo Tomb Raider fa una gran bella porca figura. Le inquadrature sono ben studiate, gli ambienti sebbene cupi non sono mai grigi o noiosi, e si capisce benissimo che è ambientato in Giappone dall’atmosfera fortissima. Immaginate il Regno di Bowser in Odyssey dopo che è stato licenziato, la donna l’ha lasciato, vive a Saikebon e non si lava da un mese. Inoltre le zone sotterranee dove i nemici (che btw si chiamano Solarii) hanno i loro covi sono piene di cadaveri sangue schifezze varie, si riesce quasi a sentire il tanfo della morte. Ottimo lavoro ai grafici. Il sonoro invece è un pelino più anonimo, senza infamia e senza lode, anche se i tamburi che si sentono quando ci sono nemici aggressivi nei paraggi più che ansiarti ti mette fastidio perché quei maledetti non sai mai da dove ti sparano.
Quelle però sono persone vere, non modelli... scelta... interessante?
Ho volutamente aspettato la fine per parlare di uno degli aspetti più importanti di questo gioco: le tombe. Eh sì, non si chiamerebbe Tomb Raider se non si raidassero le tombe, no? Di tombe ne appaiono una decina nel corso del gioco, e sono anch’esse degli elementi nascosti. Uno potrebbe benissimo finire tutta l’avventura senza mettere mai piede in una tomba, ma è ben chiaro che il gioco non vuole che lo si faccia. Il gioco ti avvisa quando sei vicino a una tomba, sono ben segnate con delle indicazioni sulle pareti e appaiono subito sulla mappa dell’area, nessun altro contenuto opzionale è così sottolineato, calma Crystal, calma.
Manspreading! Chiamate i soccorsi!
Ogni tomba di solito contiene un solo puzzle, ma di atmosfera ne hanno a palate e ricompensano il giocatore con tanta esperienza, tanti materiali e pure una mappa per trovare altri segreti in quella stessa area. Come disse il buon Caddicarus, il mantra di questo gioco è “naufraga per caso, tombarola per scelta”. Forse è per questo che le sezioni di combattimento sono così pesanti, per far vedere che Lara non ha il sangue di una combattente, ma dalle una tomba da esplorare ed è nel suo ambiente. Tutta suo padre. Oppure potrebbe essere semplicemente che le battaglie sono fatte male e le tombe mi piacciono perché mi ricordano i giochi vecchi. Chissà.
Questo reboot mi è piaciuto un saccone, e non vedo l’ora di giocare gli altri due capitoli di questa trilogia delle origini della nuova Lara Croft (a tal proposito, i miei fedelissimi fan leggano il paragrafo sotto spoiler che ho delle cose da chiedervi). Tecnicamente migliore dei vecchi giochi, ma non mi sento di valutarlo più dell’originale. Come quello ha sia pregi che difetti, ma in questo caso sono invertiti: il primo aveva un gameplay quasi perfetto ma una grafica grezza, questo eccelle tecnologicamente ma ha qualche difetto nel gameplay. Yin e Yang, si controbilanciano, badabìm badabùm, il mio voto è:
8/10
- SPOILER | Mostra