[Retrospettiva] Avventure grafiche | La Dark si vuole molto male

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    Premessa: Sebbene abbia cercato di essere il più completa e neutrale possibile, è innegabile che non abbia giocato a tutti i titoli, e non li consideri tutti allo stesso livello qualitativo. Perciò ho preferito dilungarmi su ciò che già conosco, piuttosto che sparare castronate.
    E, per favore, potreste evitare di fare i puntigliosi su generi e sottogeneri? Magari potreste pure aver ragione, ma ho una concezione "larga" delle categorie, e ho voluto inserire quanti più titoli possibili che reputo degni di essere nominati.
    Piuttosto, fatemi notare eventuali typo e un uso errato della consecutio temporum. asd
    Grazie.


    Un po' di musica per cominciare.
    Le avventure grafiche sono un genere di videogiochi tra i più noti nel mondo videoludico, che ne hanno segnato la crescita e l'immaginario collettivo, specialmente tra gli anni '80 e gli anni '90.
    Ma cosa sono le avventure grafiche?
    Per comprenderlo meglio, bisogna fare un salto indietro nel tempo, e prendere in considerazione le avventure testuali.

    Le avventure testuali sono dei “videogiochi”, spesso creati da studenti universitari, in cui viene presentata al giocatore un contesto o una scena sottoforma, appunto, di testo. Per proseguire bisogna inserire la propria azione scrivendo o scegliendo da un menu di possibilità. A seconda della via intrapresa, si può realmente proseguire nella storia, o imboccare una strada senza uscita; l'avventura testuale più famosa è sicuramente Zork, ma ce ne sono altre, e per quanto questo genere si è andato rapidamente esaurendo con la progressiva semplicità di programmare videogiochi dotati di grafica, il genere non è mai completamente morto.
    Papers, Please, ad esempio, è un titolo indie del 2013 e può essere considerata a tutti gli effetti un'avventura testuale, seppur con dinamiche differenti.
    Il passaggio dal puro testo alle immagini avvenne nel 1980, quando un impiegato dell'IBM, Ken Williams, e la moglie Roberta, appassionata delle suddette avventure testuali, decisero di sfruttare le potenzialità del loro Apple II e crearono Mistery House, l'archetipo dell'avventura grafica.

    Torneremo poi ai coniugi Williams, perché la loro carriera non è certo finita qui, ma prima dobbiamo chiarire, appunto, cos'è una avventura grafica.
    Con tale dicitura si indicano quei videogiochi che, più puntare sull'azione, o sui riflessi del giocatore, si impongono di raccontare una storia “interattiva”, che prosegue solo con una corretta sequenza di interazioni e/o con la risoluzione di enigmi. Con modalità e spiriti diversi tale genere si è sviluppato sia in occidente che in oriente, ma in entrambi i casi il cardine fondamentale di tali giochi è la narrazione. Avrei detto pure l'acume, lo spirito di osservazione, e l'inventiva del giocatore, dato che per molto tempo le avventure grafiche sono andate a braccetto con enigmi e puzzle, ma con la nuova generazione questo aspetto si è perso a favore di ancor più importanza di una trama solida e della possibilità di scelta.
    Specialmente per le produzioni occidentali, la meccanica più utilizzata è quella del punta-e-clicca: il nostro personaggio si muoverà e/o interagirà con un elemento dello sfondo in base a dove si è cliccato con il mouse. La tastiera risulta quindi accessoria, la cui utilità è quella di essere usata per le shortcut per interagire più velocemente con l'inventario. Sono pochi i giochi in cui non si usa questa meccanica o una sua variante, e si tratta solitamente di giochi per console, dove la periferica joypad non risulta efficiente quanto il mouse. Torniamo agli anni '80, e ai signori Williams, che dopo il loro primo lavoro non si fermarono di sicuro: fondarono una software house, la Sierra. E sotto tale nome cominciarono a pubblicare alcune delle loro saghe più importanti, come King's Quest, Police Quest, Space Quest e Leisure Suit Larry. King's Quest è una saga prettamente fantasy, che ricalca i giochi di ruolo come Dungeons & Dragons, e Police Quest è, ovviamente, un poliziesco; entrambi oscillano tra il serio e il faceto, ma i protagonisti generalmente incarnano ideali positivi. Space Quest invece narra le avventure spaziali di un perdente nato, e in Leisure Suit Larry l'avventura consiste semplicemente nel trovare una donna per il quarantenne (e piuttosto laido) Larry, in un pout-pourri di casinò, discoteche, situazioni ambigue e gag a sfondo sessuale. Come è facile evincere, anche l'umorismo e l'ironia sono elementi importanti e ricorrenti.

    Ma Sierra non era certo l'unica produttrice di videogiochi del genere, ma in principio sembrava non avere molta concorrenza sul mercato. Questo, fino al 1986.
    In quell'anno uscì nei cinema Labyrinth, un film fantasy (probabilmente lo conoscerete perché spesso usato come fonte per le gif di NeoGaf), e di conseguenza fu pubblicata un'avventura grafica su licenza, sviluppato dalla LucasFilm Games; quest'ultima era una sezione della casa cinematografica di George Lucas, che da sempre ha creduto nelle potenzialità del media videoludico. La stessa casa, un anno dopo, fece uscire la sua prima avventura grafica originale, Maniac Mansion, che portò a varie rivoluzioni, come l'interfaccia “a verbi”, in cui il giocatore poteva scegliere in che modo interagire con un determinato oggetto; la possibilità di scegliere due tra i sei amici di Dave Miller, il protagonista, differenziandone il gameplay; e fu anche uno dei primissimi titoli ad avere finali multipli.
    Seguirono altri titoli di successo, come Loom e Indiana Jones e l'Ultima Crociata, ma la consacrazione avvenne nel 1990, con il capolavoro indiscusso The Secret of Monkey Island, con a capo Ron Gilbert, sceneggiatori Dave Grossman e Tim Schafer, e graphic designer Steve Purcell.

    Chi sono questi quattro signori, mi direte voi. Beh, vedrete. Per il momento vi butto un osso: Ron Gilbert ideò lo SCUMM, il motore grafico che Lucas Film Games, ribattezzata poi nel '90 Lucas Arts, usò fino all'introduzione del 3D per i suoi giochi.
    Torniamo a Monkey Island: ispirato all'attrazione di DisneyLand de “I Pirati dei Caraibi” (sì, condivide l'origine con la saga cinematrografica di Capitan Sparrow), è un'avventura grafica brillante, divertente, piena di enigmi estremamente fantasiosi e surreali, in cui si vestiranno i panni del giovane Guybrush Threepwood, il cui sogno non è avere un nome decente, bensì essere un pirata. Il biondino si ritroverà ben presto a che fare con LeChuck, un pirata morto per amore del governatore Elaine Marley, di cui si innamora (con più successo) anche Guybrush. La storia è ricca dei clichè delle storie di pirati, con tesori da cercare, voodoo, esclamazioni strambe, isole misteriose, e menomazioni come se piovessero.
    Il gioco fu un successo così clamoroso che solo un anno dopo uscì un sequel, Monkey Island 2: LeChuck's Revenge, in cui veniamo di nuovo immersi nel surreale e ironico mondo piratesco di Guybrush.
    È l'età dell'oro per la Lucas Arts, un periodo che durerà per circa otto anni, in cui usciranno avventure grafiche tra le più famose e le più acclamate. Il '92 è l'anno di uscita di Indiana Jones e il Fato di Atlantide, un'avventura dell'intrepido archeologo creata appositamente per venire alla luce come videogioco. Il gioco permette, intorno alla metà, di scegliere l'approccio con cui proseguire nella storia: si può scegliere di collaborare con l'NPC Sophia, di risolvere enigmi più complessi e ingegnosi, oppure di farsi strada a suon di scazzottate. Ogni scelta presenta delle sezioni uniche, e interazioni diverse con gli NPC.
    Nel '93 escono ben due giochi, e tornerò a citare ben tre dei nomi legati a Monkey Island; Maniac Mansion: Day of Tentacle, e Sam & Max: Hit The Road.
    Il primo, sequel di Maniac Mansion, ha come capiprogetto Dave Grossman e Tim Schafer, che, forti del successo dell'umorismo dei due Monkey Island, creano una storia dai toni fortemente demenziali, in cui però solo pochi personaggi del capitolo precedente tornano in azione, tra cui il protagonista Bernard Bernoulli, uno stereotipo del nerd anni '80; inoltre, come Monkey Island parodizza gli stereotipi sui pirati, qua si prendono in giro i film horror di serie B. Sam & Max: Hit The Road è l'avventura grafica on the road con protagonisti le creature di Steve Purcell, che ancor prima di lavorare alla Lucas Arts come deisgner dei fondali e delle cover, disegnava, dal 1987, fumetti con protagonisti il cane e il coniglio dal grilletto facile (e la pessima mira). Nel gioco i due, con lo humour e la cattiveria che contraddistinguono i fumetti, attraversano gli Stati Uniti nel tentativo di ritrovare Bruno il Bigfoot e Trixie la ragazza dal collo a giraffa, le star di un circo; è inoltre la prima avventura grafica che, seppur sviluppata con lo SCUMM, non presenta più l'interfaccia “verbale”, bensì un inventario che compare solo cliccando sull'opportuna icona: se da una parte ciò permette di sfruttare tutto lo schermo per gli scenari, dall'altra risulta leggermente più macchinoso interagire. Sia Sam & Max che Day of the Tentacle presentano, nelle loro versioni CD, doppiaggio completo dei dialoghi.
    Il 1995 è l'anno di The Dig, avventura fantascientifica basata su un soggetto di Steven Spielberg -sì, il regista-, che, visto l'impossibilità di realizzarvi un film, decide di rivolgersi al suo amico George per produrre un gioco, considerando anche la passione del regista per le avventure grafiche. La produzione del titolo slittò di molto, a causa di numerosi cambi di sceneggiatura e di un'indecisione generale su come approcciarsi con la stessa: inizialmente il gioco doveva essere più violento, quasi splatter, e c'erano altre differenze come il numero di protagonisti o altro; in ogni caso, il prodotto finale si contraddistinse dalla quasi totalità della produzione della Lucas Arts per via dei toni seri, a tratti di vera e propria tensione. Il gioco, però, passò in sordina, un po' per via della qualità grafica inferiore, dovuta ai rallentamenti della produzione, e un po' per il fatto che lo SCUMM non sembrava particolarmente adatto a produzioni del genere, soprattutto a causa dell'impossibilità di rendere gli sprite dei personaggi particolarmente espressivi. L'anno successivo esce un'altra avventura grafica, anch'essa meno umoristica delle precedenti, ma comunque denotata da una forte ironia e spirito parodistico: è Full Throttle, di Tim Schafer, ambientata in un futuro dal sapore apocalittico in cui Ben, un motociclista a capo di una band, viene ingiustamente accusato di omicidio e, per dimostrare la sua innocenza, si ritroverà invischiato in un grosso complotto. Come altri titoli, anch'esso parodizza e prende in giro stereotipi, in questo caso gli action movie e le gang di bikers. Pur essendo a tutti gli effetti un'avventura grafica, presenta sezioni molto più d'azione, in cui Ben dovrà battersi con altri motociclisti, e sequenze cinematiche in cui bisognerà eseguire velocemente e correttamente delle azioni per proseguire nell'avventura, e, eventualmente, sopravvivere. Full Throttle, infatti, è uno dei pochi titoli Lucas Arts a rompere il tabù dell'impossibilità di morire.

    Piccola parentesi: per i giocatori di avventure testuali e grafiche, due dei fattori più frustranti sono le morti, che potevano comportare il ricominciare l'avventura dal principio, e l'esistenza di eventi temporanei, che pregiudicano il completamento dell'avventura se non si interagisce non solo nel modo corretto, ma anche nel momento giusto. La Lucas Arts ha da sempre preferito ridurre, se non eliminare del tutto, situazioni del genere, per rendere l'esperienza più piacevole al giocatore.

    Fortunatamente, le morti in Full Throttle non sono così frustranti, dato che il gioco ricaricherà a pochi secondi prima, sufficienti per l'esecuzione corretta.
    Nel '97 torna Guybrush Threepwood, con Curse of Monkey Island; questo terzo capitolo della saga, però, non vede più Ron Gilbert alla guida, né tantomeno Dave Grossman e Tim Schafer alla sceneggiatura, ed infatti non riprende il filo narrativo che culmina con il surreale finale del secondo episodio. Inoltre, propone l'ultima versione dello SCUMM, che, forte dell'impatto visivo delle cutscene interamente animate di Full Throttle, presenta una grafica non più basata su pixel art, ma uno stile cartoon, e cutscene animate.
    Ma la grafica 2D ormai cominciava ad essere considerata obsoleta, in favore della profondità fornita dai modelli poligonali e le ambientazioni 3D, e le avventure grafiche, con i loro sprite che si muovevano su fondali bidimensionali, accusarono il colpo.
    Nel '98 Lucas Arts pubblica quello che per molti è il capolavoro di Tim Schafer, Grim Fandango, un'avventura noir ambientata in un aldilà fortemente influenzato dalla cultura del Centro America, famoso, oltre per il livello della sceneggiatura, anche per essere la prima avventura grafica della sh ad utilizzare il 3D, con un nuovo motore grafico in cui personaggi 3D si muovono su sfondi prerenderizzati, segnando la fine dello SCUMM.
    L'ultima avventura grafica interamente prodotta da Lucas Arts è il quarto episodio della saga di Guybrush Threepwood, Escape from Monkey Island, che però, un po' per una trama esageratamente comica, un po' per il passaggio forzato al 3D, un po' per il disinteresse sempre maggiore del pubblico per le avventure grafiche, risulta solo essere una pallida ombra di un passato ben più glorioso.
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    Anche se la casa di Lucas ha lasciato il segno nel genere negli anni '90, non è che gli altri rimasero con le mani in mano: prima tra tutti la Sierra, che, forte della tradizione delle sue saghe, continuò a produrne anche negli anni '90, soprattutto Leisure Suit Larry, divenendo sempre più esplicito nei riferimenti sessuali, creandone altre altrettanto longeve, come Quest for Glory, o altre più brevi ma forse anche più memorabili, come la serie mistery Gabriel Knight. Per quanto la produzione di avventure grafiche da parte della Sierra è andata diminuendo con l'avvicinarsi al 2000, interrompendo le saghe o modificandole, come è successo con Police Quest che è diventato SWAT, un RTS, non ne ha sofferto tanto quanto la Lucas Arts, anche grazie alla sua importanza per la pubblicazione di titoli di altre software house, come, ad esempio, Half-Life di Valve. Nonostante ciò, la sua importanza è diminuita con gli anni 2000, e nel 2008 è stata acquisita dalla Activision.

    Oltre ai due titani, negli anni '90 ci furono altri titoli importanti nel loro genere: Simon The Sorcerer, che diede il via ad una saga di cinque episodi, che narra con molto humour e cinismo la storia del teenager Simon, catapultato in un mondo fantastico; Beneath A Steel Sky, avventura cyberpunk dstopica in cui è forte il contrasto tra le popolazioni rurali e quelle avanzate tecnologicamente, così come è presente una forte stratificazione sociale tra le fasce di popolazione; Broken Sword, serie di cinque titoli in cui vengono affrontate avventure à la Indiana Jones, con situazioni di fantasia basate sulla mitologia e storia antica in una bella grafica 2D cartoon.

    Come già detto, però, con l'avvento del 2000, e un'importanza sempre maggiore data al 3D, all'adrenalina e ad un gameplay più immediato e immersivo, le avventure grafiche stentavano a riscuotere il successo del passato, e spesso e volentieri le grandi industrie occidentali non osavano più rischiare con un genere così ballerino, mentre in Giappone le avventure grafiche, o come vengono spesso definite, visual novel, avevano da poco preso piede. In un clima del genere, solo le case indipendenti sperimentavano, puntando direttamente alla cerchia di appassionati; nemmeno le due rivali Lucas Arts e Sierra puntarono più molto sul genere, con quest'ultima che decise di proseguire solo la serie Leisure Suit Larry, concludendola nel 2004 e non riprendendola se non con dei remake, mentre la prima tagliò in maniera ancor più netta col passato, e ciò portò a due grossi sconquassi anche all'interno dello studio.

    Proprio nel 2000, Lucas Arts cancellò il nuovo progetto di Tim Schafer, il sequel di Full Throttle. Tim Schafer non la prese tanto bene, tant'è che lui e altri se ne andarono e fondarono la software house indipendente Double Fine, a cui si aggregò in seguito anche Ron Gilbert.
    Nonostante questa prima cancellazione, nel 2002 vennero rivelati due nuovi progetti: un altro possibile sequel di Full Throttle, e un nuovo titolo con protagonisti Sam & Max di Steve Purcell. I due titoli, seppur pienamente in sviluppo, tant'è che di Full Throttle: Hell on Wheels vi erano delle immagini e una demo e di Sam & Max: Freelance Police un trailer, furono cancellati rispettivamente nel 2003 e nel 2004; la cosa creò malcontento tra i fan e gli stessi sviluppatori, e molti altri collaboratori, tra cui Dave Grossman, abbandonarono la SH per fondarne un'altra, la Telltale Games.
    I membri di Telltale si sono legati al dito la cosa, addirittura posticipando l'anniversario dei 25 anni di Sam & Max di un anno, non considerando appunto il 2004.

    La Lucas Arts, ormai chiaramente non più interessata a portare avanti avventure grafiche, e senza più i nomi storici che avevano fatto la storia della casa, si concentra sullo sviluppo di titoli dedicati all'universo di Star Wars, che sin dai primi titoli si è dimostrata una gallina dalle uova d'oro, un franchise assai malleabile in grado di plasmarsi ai generi più disparati. Gli esempi più importanti sono la saga action RPG di Knights of the Old Republic, sviluppata insieme a Bioware (quei gran fighi degli sviluppatori di Mass Effect e Dragon Age), e Star Wars: Battlefront, FPS con meccaniche simili a quelle introdotte da Battlefield 1942. Per quanto questi titoli siano un successo commerciale, il declino è evidente, e la mazzata finale giungerà nel 2013, circa un anno dopo l'acquisizione da parte della Disney, quando quest'ultima chiuderà definitivamente lo studio, cancellerà due progetti su Star Wars e lascerà varie IP create negli anni, come Monkey Island, in un limbo, poiché al momento Disney non sembra interessata né a sfruttarle, né a venderle.
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    Promemoria che devo rigiocarmi Broken Sword prima o poi. Gran bell'articolo, mi è sempre piaciuto molto il genere delle avventure grafiche nonostante abbia sempre avuto delle difficoltà con la risoluzione degli enigmi.
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    tfw di avventure grafiche ne hai giocate forse neanche quante sono le dita della tua mano. Dovrò rimediare prima o poi.
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    Ho apprezzato tantissimo questa lettura, brava! X3 Non vedo l'ora di leggere il resto, hai citato un paio di titoli di cui mi sono ricordato l'esistenza solo adesso (Gabriel Knight ad esempio. Ci giocava mio nonno quando avevo 4 o 5 anni, e mi sono ricordato dell'esistenza di questo gioco solo grazie a questa retrospettiva asd)
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    Bella retrospettiva Dark! Non riesco a levarmi dalla testa il tema di Full Throttle. ekm
    Io ho giocato solo Sam & Max e i Monkey Island, speravo con queste "remastered" di recuperare le avventure grafiche rimanenti. sìsì
    Ah, piccola curiosità, sapevate che Maniac Mansion per NES è l'unico gioco dove è disponibile la lingua italiana?
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    Grazie di tutto, Satoru

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    Mai giocato alle avventure grafiche e conosco Monkey Island,Sam & Max e Grim Fandango di fama.... ma mai giocati.

    Forse non sono un tipo da avventure grafiche, ma voglio provarci... "voglio scoprire questo mondo che non mi appartiene". Un pò come ho fatto per gli altri generi.

    Ma Il professor Layton non fa parte di questo genere?
    Firma? :look: Non vedo nessuna firma qui sìsì
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    cortex300 ha scritto:Mai giocato alle avventure grafiche e conosco Monkey Island,Sam & Max e Grim Fandango di fama.... ma mai giocati.

    Forse non sono un tipo da avventure grafiche, ma voglio provarci... "voglio scoprire questo mondo che non mi appartiene". Un pò come ho fatto per gli altri generi.

    Ma Il professor Layton non fa parte di questo genere?
    certo, un po' particolare negli enigmi (solitamente i puzzle nelle AG sono ambientali) ma comunque avventura grafica.

    Comunque anche io ho giocato poca roba. Non vedo l'ora di provare il remastered di Grim Fandango.
    Bel pezzo, Dark, è scorso che è una favola.
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    Seconda premessa: Vi confiderò un segreto. Molti dei titoli che ho citato nella prima parte non li ho mai giocati, o almeno non in prima persona. asd
    Ma rimedierò.


    Questa seconda parte contiene un alto tasso di FEELS, a partire dal sottofondo musicale.
    Per quanto vagamente citati qua e là, finora non si è parlato mai di titoli nipponici. Questo perché, a differenza della produzione occidentale, prima del 2000 i giochi riconducibili al genere sono stati molto pochi. A partire dal nuovo millennio, però, comincia ad imporsi il genere delle visual novel, un media che unisce la narrazione letteraria, il design e le animazioni tipiche degli anime, e l'interattività dei videogiochi. Spesso si associa il termine visual novel ai dating simulator, quando in realtà quest'ultimo è un sottogenere di cui condivide l'interfaccia, ma non il fine e lo stile narrativo: mentre i dating sim si pongono l'obiettivo di far innamorare uno o più NPC del protagonista, le visual novel sono racconti interattivi, in cui il protagonista deve interagire in vari modi con l'ambiente e i personaggi per proseguire con l'avventura, talvolta associando alla narrazione la risoluzione di enigmi. Insomma, la controparte nipponica delle avventure grafiche. Nonostante le visual novel costituiscano la maggior parte delle produzioni per PC nel mercato giapponese, la maggior parte delle avventure grafiche che arrivano anche sugli altri mercati è per console, in particolare per quelle targate Nintendo.
    Nel 2001 esce per GameBoy Advance il primo episodio della fortunata serie Ace Attorney, diretta da Shu Takumi, in cui si impersona il giovane ed energico avvocato Phoenix Wright, che dovrà difendere i suoi clienti raccogliendo prove dalle scene del crimine e smontando le menzogne dei testimoni durante i processi. Al primo capitolo seguono altri due titoli, Justice for All e Trials & Tribulations, che concludono la trilogia. La serie viene poi riproposta per Nintendo DS, arriva anche in USA e Europa, e vi si aggiunge un quarto capitolo, Apollo Justice: Ace Attorney, con protagonista un nuovo avvocato (l'Apollo Justice del titolo), e due spin-off dal nome Ace Attorney Investigations, in cui invece si vestono i panni dell'eterno rivale Miles Edgeworth e la cui risoluzione dei casi è dovuta solo all'investigazione della scena del delitto, ampliandola di opzioni e possibilità, al costo di eliminare del tutto i processi. Con l'avvento del Nintendo 3DS, i primi tre titoli vengono riproposti in digital delivery, e viene pubblicato un quinto capitolo della serie principale, Dual Destinies. È in lavorazione anche un nuovo spin-off, ambientato in epoca Meiji.
    La serie Ace Attorney fa propria sia la tradizione dell'avventura grafica occidentale, come quando il giocatore per risolvere il caso deve interagire con la scena del delitto per ottenere prove, che della visual novel, con l'interfaccia dei dialoghi tipica del genere e le animazioni che si rifanno agli anime. Inoltre, sebbene le storie siano generalmente drammatiche, la narrazione e i personaggi sono spesso caratterizzati da una certa dose di umorismo, anche se, ovviamente, di gusto nipponico. È stato prodotto nel 2012 anche un film live action che ricalca la trama del primo episodio. Shu Takumi, inoltre, sebbene non partecipi alla produzione di tutti i titoli della serie, continua a lavorare per Capcom, e nel 2010 viene pubblicato un altro suo titolo, Ghost Trick, per Nintendo DS, che riscuote successo tra gli appassionati, ma rimane molto di nicchia. La storia parla di Sissel, un giovane appena morto, la cui anima però è dotata di poteri paranormali, quali possedere gli oggetti e tornare indietro nel tempo fino a quattro minuti per impedire il decesso di una persona. Sissel sfrutterà i suoi poteri, per scoprire il perché della sua morte, e sarà costretto a farlo in poche ore, prima che il suo spirito scompaia definitivamente. Come per Ace Attorney, seppur la trama sia sostanzialmente seria, a tratti addirittura drammatica, il tono è molto spesso leggero e ironico.
    Non legata a Shu Takumi, ma comunque prodotta da Capcom, vi è poi Zack & Wiki, un'avventura grafica che sfrutta il motion control di Wii per ottenere una meccanica simile ai punta-e-clicca per PC. Inoltre, come il capostipite Monkey Island, anche qua il protagonista è un giovane pirata, accompagnato da una scimmia.
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    Non vi sono solo le avventure di Capcom, nel panorama delle visual novel: la software house Cing ha prodotto due serie di relativo successo in Giappone, Another Code e Hotel Dusk/Last Window, la prima per Nintendo DS e Wii, e la seconda solo per Nintendo DS, tanto da pubblicarle pure in Europa e USA, con un riscontro positivo da parte degli appassionati. Altri due giochi degni di nota del panorama nipponico sono 999: 9 Hours, 9 People, 9 Doors e il sequel Zero Escape: Virtue's Last Reward.

    Come ci fu la rivalità tra Sierra e Lucas Arts, anche Capcom troverà una degna rivale nel panorama delle avventure grafiche per console Nintendo: Level-5. Level-5 è una software house nipponica che diviene famosa nel panorama videoludico per tre serie di grande successo: Dark Cloud, Inazuma Eleven e il Professor Layton. Ed è di quest'ultima che ci interesseremo.
    La serie narra le vicende del professore di archeologia (oh, le coincidenze!) Hershel Layton, che, insieme al suo giovane assistente Luke Triton, dovrà risolvere molte situazioni complesse e al limite dell'assurdo grazie alla sua grande passione per gli enigmi. Per quanto le meccaniche di gioco non siano altro che una variante del punta-e-clicca rimodellato sul touch screen del Nintendo DS e 3DS, i giochi non presentano enigmi “ambientali”, in cui il giocatore dovrà modificare direttamente l'ambiente per proseguire con l'avventura, quanto piuttosto vi è una separazione netta tra i momenti di esplorazione, in cui sarà possibile interagire con i fondali bidimensionali e con gli NPC toccandoli con il pennino, e le risoluzioni degli enigmi, che hanno un'interfaccia adeguata in cui viene spiegato l'incipit e come deve essere inserita la risposta. Tutto ciò intervallato da cutscene animate di ottima fattura. Una combinazione di trama accattivante, personaggi dai tratti fisici e caratteriali buffi ed esagerati, design grafico steampunk molto piacevole e ispirato a quello dello Studio Ghibli, un comparto sonoro ben curato, e un gameplay che permette sia di fare lunghe sessioni di gioco che partite mordi e fuggi hanno fatto sì che la serie si rivelasse un successo in patria e all'estero, tra giocatori occasionali e appassionati, estendendo la serie fino a sei episodi, divisi in due trilogie, la seconda ambientata cronologicamente prima e con un filo narrativo che lega i tre capitoli. Dalla serie è stato tratto pure un film animato, ambientato tra Il Richiamo dello Spettro e La Maschera dei Miracoli.

    Capcom e Level-5 cominceranno a lavorare nel 2010 ad un crossover tra le loro due serie di avventure, che uscirà nel 2012 in Giappone e due anni dopo nel resto del mondo, dal titolo Il Professor Layton vs Phoenix Wright: Ace Attorney; il gioco si rivela un sapiente mix delle peculiarità delle due saghe.
    Le console Nintendo non sono però le uniche console che beneficiano di questa nuova ondata di avventure grafiche e visual novel: tralasciando porting e remake per smartphone e tablet, che paradossalmente sembrano tra le periferiche più adatte per titoli dalle meccaniche tipiche del genere, anche Sony, negli ultimi anni, ha beneficiato di alcuni titoli riconducibili al genere di nostro interesse.
    Abbiamo sia visual novel, come i due DanganRonpa di Chunsoft, ma anche titoli occidentali, assai più discussi: sto parlando dei controversi titoli di Quantic Dream, software house produttrice di Fahrenheit/Indigo Prophecy, Heavy Rain e Beyond: Two Souls. In molti sono restii a definire questi titoli addirittura videogiochi, preferendo termini come “film interattivi” o simili, ma per me non sono che un'estremizzazione delle visual novel giapponesi, in cui la trama e la possibilità di scelta diventano il cuore dell'esperienza. L'interazione avviene per mezzo di semplici QTE, quick time event, che se da una parte rendono il grado di interazione più basso, dall'altro permette un'azione più immediata, e anche un esito della sequenza più coerente con l'effettiva prontezza di riflessi tra giocatore e personaggio. I tre titoli non hanno avuto tutti lo stesso successo di pubblico e critica, ma sono tra gli esempi più usati per indicare titoli in cui le meccaniche vengono eliminate in favore della trama e della narrazione. Una scelta che sempre più publisher e studi indie adottano, una scelta che ad alcuni fa storcere il naso, ma che un pubblico sempre più ampio sta apprezzando.
    Nonostante il minor interesse dei PC gamer occidentali per le avventure grafiche le produzioni del genere non scompaiono: abbiamo infatti tra il 2002 e il 2004 l'acclamata saga di Syberia, che immerge il giocatore in un'ambientazione steampunk; i titoli della casa Amanita, come Machinarium, titolo dall'ambientazione steampunk e dalla narrazione atipica, e Botanicula, dove i protagonisti sono degli esserini vegetaloidi che dovranno evitare di venire mangiati; la serie di Sherlock Holmes sviluppata da Frogwares, cominciata nel 2002 e mai interrotta, con il capitolo più recente, Crimes and Punishments, uscito lo scorso anno; la serie di Deponia, dallo stile cartoon che ricorda molto quello di Curse of Monkey Island. Oltre a questi titoli che riprendono appieno la tradizione dell'avventura grafica, con una forte commistione narrazione-enigmi, ve ne sono altre, che, proprio come per i lavori di Quantic Dream, se ne staccano offrendo un'esperienza più tramacentrica: l'esempio che mi sento di citare maggiormente è l'assai discusso To The Moon, piccola produzione fatta molto alla buona con RPG Maker, ma dalla narrazione potente e su un argomento spinoso come lo spettro dell'autismo.

    E poi c'è Telltale Games.
    Come ho detto nella prima parte, questa SH nasce nel 2004, e già dal 2005 comincia a produrre i suoi primi titoli, tra cui la trasposizione videoludica del fumetto Bone di Jeff Smith, che si compone di due capitoli, ma il primo successo vi è nel 2006, quando comincia la pubblicazione di Sam & Max: Save the World, o anche noto come Season One. Il perché del secondo sottotitolo è presto detto: pur avendo un gameplay che si ricollega senza novità importanti a quello di Hit The Road, con la sola differenza di utilizzare un motore 3D (ma come già doveva essere il Freelance Police cancellato da Lucas Arts), non è un'unica storia della longevità a cui si era abituati in passato. Ci viene proposto, piuttosto, un equivalente videoludico di una serie tv, con episodi usciti a cadenza regolare e da due livelli di trama: quella principale, racchiusa nelle due ore circa, e la sottotrama che lega ogni episodio per concludersi solo alla fine. L'esperimento sembra dare i frutti sperati, tant'è che da quel momento questa formula sarà presente in tutte le avventure prodotte da Telltale.
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    Alla prima stagione ne segue rapidamente un'altra, Sam & Max: Beyond Time and Space o semplicemente Season Two, uscita tra 2007 e 2008, proseguio diretto sia in termini di gameplay che di trama, con un riscontro positivo sia tra i fan che la critica.
    Nel 2009, con l'avvicinarsi del ventesimo anniversario della serie Monkey Island, vengono annunciati sia i remake dei primi due capitoli, ad opera di Lucas Arts, ma anche un nuovo titolo, con un'inedita collaborazione tra la suddetta casa, Telltale, e la benedizione di Ron Gilbert.
    Esce così Tales from Monkey Island, anch'esso diviso in episodi; e sebbene lo scetticismo dei fan tradizionalisti e la paura generale di avere un nuovo flop come Escape from Monkey Island, il titolo riscuote invece un ottimo successo, consacrando definitivamente la casa. Tales from Monkey Island è anche il primo titolo che, seppur mantenendo la struttura episodica, marchio di fabbrica della casa, ha una sottotrama decisamente più rilevante, dando un senso di continuità maggiore e, ovviamente, invogliando i giocatori a giocarsi il gioco in tutti i suoi capitoli. Con questo nuovo spirito, nel 2010 viene pubblicata la terza e (al momento) ultima stagione di Sam & Max, The Devil's Playhouse, che rinnova il gameplay della serie, e ci presenta una trama meno demenziale e più cupa, ma pur sempre divertente e sarcastica.
    Tra 2010 e 2011 esce un altro successo, Back to the Future: The Game, basato sulla trilogia fantascientifica con protagonisti Marty McFly e Elmett “Doc” Brown, quest'ultimo doppiato dallo stesso Christpher Lloyd che lo interpretò sul grande schermo.
    Sempre nel 2011 viene pubblicato Jurassic Park: The Game, che rappresenta una svolta importante per la produzione futura di Telltale.
    Finora, ogni avventura grafica prodotta dalla casa aveva fatto dello spirito originale delle avventure grafiche il suo modus operandi: la trama e la narrazione erano accompagnate con egual importanza dalla risoluzione di enigmi, e dal mettere alla prova lo spirito di osservazione del giocatore. Jurassic Park è il primo titolo ad essere sostanzialmente privo di questo secondo pilastro. Al posto degli enigmi, viene proposto un sistema di interazione ambientale più semplice, e un sistema di scelta a tempo e i QTE che invece diventano il cardine del gameplay: a seconda delle frasi che il nostro protagonista sceglierà, o delle azioni da compiere, la storia prenderà una nuova strada. Telltale non è del tutto nuova a questo, ma solo con questo titolo diverrà fondamentale. Jurassic Park sarà solo il primo titolo a sfruttare questa nuova meccanica, ispirata tra l'altro dal già nominato Heavy Rain. Infatti, nel 2012, comincia la pubblicazione di un nuovo titolo, basato su uno dei franchise più in voga negli ultimi anni: The Walking Dead. Con uno stile grafico che riprende il tratto del fumetto, ma che serve anche a nascondere la poca potenza del motore grafico, da sempre il tallone d'achille dei giochi di Telltale, ci vengono narrate le vicende di Lee Everett e Clementine, parallele a quelle di Rick Grimes, protagonista del fumetto e della serie tv. La prima stagione è un successo clamoroso di pubblico e critica, e per quanto sia anch'esso un titolo che punta sulla narrazione, è stato anche meno criticato di altri da coloro che osteggiano questa estremizzazione, al contrario dei già citati giochi di Quantic Dream.
    Tra il 2013 e il 2014 escono altri due titoli di successo, forti ormai della fama che Telltale si è costruita: The Walking Dead: Season Two, e The Wolf Among Us, basato sul fumetto Fables. E nel 2014 sono cominciate altre due serie, anch'esse su licenza: una dedicata al videogame Borderlands, l'altra alla serie tv, a sua volta basata sui romanzi di Martin, Games of Thrones; inoltre, vi è in programma un titolo ambientato nel mondo di Minecraft.
    Solo il tempo ci saprà dire se Telltale diverrà veramente l'erede spirituale di Lucas Arts.

    E Double Fine?
    Beh, Double Fine ha avuto una storia differente. Sebbene al suo interno vi siano molti nomi legati alla storia delle avventure grafiche, primo tra tutti Tim Schafer, per anni non si è più approcciata al genere. Ciò non vuol dire che il passato è stato cancellato, anzi. Sin dal primo titolo, Psychonauts, un platform, è chiaro che il team voglia sperimentare nuove cose, ma allo stesso tempo non può fare a meno di inserire elementi tipi della tradizione delle avventure grafiche. Quindi preparatevi sì ad un platform, ma anche ad una storia brillante, dialoghi divertenti e pungenti, e una quantità immane di situazioni totalmente inutili ai fini della trama principale, ma che rendono il Whispering Rocks Summer Camp un ambiente vivo e appagante da visitare e rivisitare, solo per sapere come va la relazione tra i due fidanzatini o cosa stanno facendo i bulletti. Penso di aver già smarmellato le gonadi al mondo intero con Psychonauts, ma per chi non sa di cosa sto parlando: Raz è un ragazzino dotato di poteri psichici che lavora in un circo con la famiglia. Scappa perché ha paura che il padre lo odi per i suoi poteri e si rifugia in un campo estivo per bambini psichici, per formarli e farli diventare psiconauti, agenti speciali in grado di navigare nelle menti più contorte. Raz si ritroverà invischiato in un piano malvagio, e dovrà salvare baracca e burattini, quando nemmeno gli adulti possono. Come ho detto poco fa, pur essendo un platform, ha un mondo ricco e vivo, tutti i dialoghi doppiati, e con molte sottotrame totalmente estranee a quella principale, ma piacevoli e divertenti da seguire. Da questo punto di vista, ricorda molto la quantità di dialoghi, spesso inutili ai fini della trama, di un'avventura grafica. Inoltre, l'idea per Psychonauts deriva da un'idea scartata per Full Throttle, una sezione in cui Ben assume peyote e vive un'allucinazione.
    Anche un altro titolo di Double Fine, sebbene anch'esso di genere totalmente diverso, è ispirato a Full Throttle: Brütal Legend, action strategico impersonato da Jack Black (è doppiato e basato sull'attore e musicista Jack Black, sì), pieno zeppo di citazioni e riferimenti al mondo del metal; questo titolo porta all'estremo la vena metal già presente nell'avventura del '96.
    Si susseguono vari altri titoli, e in tutti, o per la narrazione, o per il sapiente mix di generi, denotano una vena creativa interessante.

    E poi, rispunta fuori Ron Gilbert. Il Ron Gilbert che per molto tempo è stato lontano dai riflettori, se non per benedire Tales from Monkey Island e per tentare di riprendersi i diritti della saga del pirata Guybrush dalla Disney, entra a far parte di Double Fine e sviluppa un nuovo titolo, The Cave, un gioco un po' puzzle, un po' platform, un po' avventura grafica, dal piglio ironico ma da una profondità non sospetta. E riprendendo il concept di Maniac Mansion, in cui all'inizio si può scegliere solo alcuni tra una rosa di personaggi, qua si può fare una partita con tre (quattro con la coppia di gemelli) personaggi su otto disponibili, accedendo così a solo una parte della caverna, permettendo una longevità più elevata, dato che per esplorare nella totalità della caverna saranno necessarie almeno tre run. Come ogni altro titolo di Double Fine, c'è chi lo considera un gioiellino, chi un buon esperimento che però manca di quel pizzico di genialità per renderlo memorabile, chi invece considera l'estro di Tim Schafer e Ron Gilbert ormai spento da tempo.
    Double Fine, però, negli ultimi tempi è diventata tristemente famosa nell'ambiente per qualcosa che esula dalla produzione videoludica vera e propria. Per creare un nuovo titolo, annunciata come una avventura grafica vecchio stile, con grafica cartoon bidimensionale, viene aperta una campagna su Kickstarter per racimolare 400 mila dollari; nel giro di poco tempo le donazioni complessive superano i 3 milioni di dollari, e il progetto prende il nome di Broken Age. Dopo una gestazione piuttosto lunga, ad inizio 2014 esce... A metà. Infatti il titolo si compone di due capitoli, e solo uno è stato fatto uscire, mentre la conclusione è stata rimandata a quest'anno. Molte critiche sono state fatte a Tim Schafer e alla sua casa per la gestione dei fondi e per il prodotto, considerato da molti sotto le aspettative, specialmente per la scarsa longevità e la blanda difficoltà degli enigmi, ben lontana dagli standard di un tempo.
    Il team però si sta facendo perdonare con l'annuncio della rimasterizzazione di due classici: Grim Fandango, in uscita questo mese per PC, PS4 e PSVita, e Day of the Tentacle.
    A questo punto, si potrebbe sperare pure nella versione remastered di Full Throttle.
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    E visto che siamo in periodo di remake, reboot e remaster, ci si è messa anche Sierra, che ha annunciato, a distanza di trent'anni, King's Quest. Il titolo, a struttura episodica, uscirà questo autunno per PC e console Sony e Microsoft di ultima e penultima generazione.
    (Io in realtà spero pure che Telltale faccia un remake di Sam & Max: Hit The Road)

    Eccoci qua, dunque, nel 2015, a parlare di giochi che per molti non hanno nulla di attrattivo. Mancano dell'azione, della frenesia, dell'esplorazione di mondi enormi, della personalizzazione. Talvolta mancano quasi del tutto del gameplay.
    Allo stesso tempo, però, hanno dimostrato, sin dagli albori del gaming, che anche con questo mezzo era possibile narrare una storia, e far vivere un'avventura al giocatore, fargli spremere le meningi per andare avanti, e non porlo ad un'interazione basata solo su riflessi e destrezza manuale.
    Anche se magari solo alcuni titoli rimarranno nella leggenda, ciò ha però ispirato tanti sviluppatori a portarne avanti l'eredità, rendendo il panorama sempre più vario e ricco di sottogeneri e sfumature.

    Se non fosse stato per Zork, per i coniugi Williams, o per George Lucas, probabilmente manco ci porremmo il problema di quanto deve pesare una trama su un videogioco, o se Heavy Rain è un gioco o un film interattivo.

    Tl; dr
    Non fatemi più giocare a due stagioni di Sam & Max di fila durante le vacanze natalizia per poi dirmi che a gennaio esce Grim Fandango Remastered.
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    Anche questa seconda parte è stata una bellissima lettura! X3 Ho ancora da giocare The Wolf Among Us e Back to the Future (entrambi già presi su Steam), quest'ultimo penso lo inizierò in questi giorni. sìsì
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    Aggiunta dell'ultimo minuto: lo scorso ottobre è uscito il remake di Gabriel Knight: Sins of the Fathers *fugge*
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