Copia fisica fornita da Nintendo.
Ouverture
(Scena vuota. Il pubblico entra in sala).
Dopo quasi 18 anni da Super Princess Peach, la principessa del Regno dei Funghi inizia una nuova avventura da protagonista in Princess Peach: Showtime!, sviluppato da Good-Feel per Nintendo. Il primo spin-off, creato invece da TOSE Software, rappresentò una ventata d’aria fresca nell’epoca del Nintendo DS, offrendo un platformer piuttosto classico trascinato da una presentazione carismatica e, ovviamente, dall’inedita protagonista. Showtime non si pone come sequel diretto del suo lontano predecessore, ma cerca di proporre qualcosa di nuovo, un ambizioso mix di generi e stili che non ha nulla a che fare con altri titoli di Super Mario. L’impresa sarà riuscita?
Fin dal primo trailer, Princess Peach: Showtime! ha destato grande curiosità. Innanzitutto perché si trattava di un annuncio totalmente inaspettato, e poi perché del gioco si sapeva davvero poco, nemmeno il nome definitivo, che è arrivato in seguito. Sebbene i trailer successivi mostrassero molti elementi, eravamo ancora confusi sul reale gameplay del titolo: tutto ciò che traspirava erano sprazzi di gioco molto diversificati, spezzoni distinti per ciascuna delle “trasformazioni” di Peach, ossia i suoi costumi di scena. Ecco, il setting teatrale ben racchiude quello che è Showtime: un insieme di messe in scena, tanti piccoli show con tanti piccoli gameplay diversi.
La messa in scena
(Si apre il sipario, l'orchestra inizia ad accordarsi).
Il gioco si apre con un prologo estremamente semplice, in pieno stile Super Mario: Peach, in visita allo sfarzoso Teatro Splendente con alcuni Toad, viene rinchiusa nello stesso teatro da una misteriosa magia dell’antagonista di turno, in questo caso non Bowser ma un personaggio originale, Uva Spina, una sorta di strega oscura mascherata che vuole impossessarsi di tutti gli spettacoli. Il compito di Peach è quindi salvare i residenti, i simpatici Teatrì, dalle truppe di Uva Spina e ripristinare tutti gli spettacoli del teatro, invasi da una nefasta magia chiamata Scurore. Inoltre, fin dall’inizio Peach è accompagnata da un’aiutante magica, di nome Stella, che con simpatia offre brevi momenti di dialogo e spiega meglio il contesto della storia. Anche se la trama si mantiene sempre molto superficiale, già di per sé la presenza di molti personaggi originali e dal buon design è un punto a favore.
In pochi minuti, quindi, siamo già all’azione, e il sipario si apre. Purtroppo, si nota immediatamente che il titolo non brilla sul lato tecnico. Fin dai primi minuti di gioco si palesa infatti un framerate abbastanza stabile, ma piuttosto basso, con diverse animazioni che non risultano “pulitissime” all’occhio. In particolare, il sipario delle schermate di caricamento, forse già di per sé un po’ più lunghe del dovuto, si muove a scatti come se parlassimo di un gioco di diverse generazioni fa. Perfino alcuni effetti sonori, come gli applausi o il salto, sembrano avere una qualità bassa molto insolita, dando come un inspiegabile effetto di cattiva compressione del file audio. Fortunatamente, il framerate scivola in modo marcato solo in rari momenti concitati, come nel caso di alcuni boss, e si mantiene comunque costante nel corso del gioco: insomma, ci si abitua senza troppi problemi. Rimane un vero peccato, comunque, perché questo lato tecnico un po’ traballante è con molta probabilità l’aspetto più negativo di un gioco che invece è capace di sorprendere.
A splendere subito sono soprattutto le ambientazioni, e la direzione artistica in generale. I livelli sono davvero metateatrali, fatti cioè da elementi “costruiti”, come elementi di scena in legno e sfondi in cartonati, come se fossimo in un Paper Mario. L’utilizzo di materiali realistici, o fai-da-te, richiama sicuramente alla memoria il dittico Yoshi's Woolly World e Yoshi's Crafted World, anch’essi, non a caso, sviluppati da Good-Feel, e anch'essi caratterizzati da ambientazioni divertenti e variopinte. Similmente, gli scenari di Showtime non deludono: sono coloratissimi e davvero deliziosi da guardare. Sfondi notturni dipinti, riflettori, palazzi bidimensionali fatti di legno, decorazioni in simil-cartone, e molti elementi interattivi opzionali come luci da accendere o vasi da distruggere. L'influenza dei lavori precedenti di Good-Feel si fa notare più volte, per esempio nei cambi di scena, in cui lo scenario rotea di 180 gradi similmente a quanto succede in Woolly World, quando si entra in una porta. Insomma, la casa di sviluppo giapponese sembra aver collezionato una lunga esperienza in questi anni e il risultato finale è un puzzle di elementi che ha imparato a padroneggiare, e gestire con più inventiva e sicurezza.
Perdendo qualche secondo a curiosare nei livelli, si nota una cura dei dettagli non scontata, che dà carisma al mondo di gioco: una qualità da non sottovalutare, anche perché ultimamente da grandi appassionati di Super Mario siamo stati abituati a digerire giochi discreti, o magari anche molto buoni meccanicamente, ma spogli e vuoti, visivamente ripetitivi e senza quel "quid" che dovrebbe sempre accendersi in un gioco Nintendo. Showtime, invece, è davvero un piccolo gioiello dal lato prettamente artistico. C'è anche una certa attenzione e inventiva per quanto riguarda le "coreografie", con alcuni momenti in slow-motion davvero divertenti, giochi di luce, quick-time events, o altre sezioni che ribaltano completamente il gameplay per una manciata di secondi in nome della pura spettacolarità. Le cutscene animate, seppur poche (trasformazioni, introduzione ed epilogo), sono ben realizzate e sanno strappare applausi. E poi, quanto è bello il design dei costumi? In un apposito negozio possiamo spendere le monete ottenute per comprare nuovi motivi del vestito classico di Peach, così come nuovi colori per Stella. Anche le trasformazioni sono splendide e ispirate ad archetipi classici del teatro o di altri media, come cinema e fumetti, e sono piene di dettagli.
Un plauso a parte lo merita la colonna sonora. Le musiche, seguendo il leitmotiv del gioco, sono brevi, eterogenee ed essenziali ma anche estremamente orecchiabili e coinvolgenti, e ben si legano ai diversi scenari. Si parte da un bellissimo preludio al pianoforte (nella schermata iniziale), per poi arrivare subito all'allegro walzer delle schermate di caricamento, che si concludono col segnale di scena del sipario. I momenti western degli inseguimenti a cavallo si succedono alle marcette militari da film di supereroi, fino a toccare sonorità classiche orientali, o altre più jazz e... per qualche motivo, gli scenari a tema ninja sono associati a uno stile disco al limite del funky che sembra uscito da Paper Mario: The Origami King, e non ci lamentiamo affatto. Davvero, impossibile non canticchiare, o quantomeno ricordare, i motivetti più belli.
Showtime!
(I protagonisti entrano in scena).
Passiamo ora al gameplay vero e proprio, il vero motivo di interesse dopo i trailer pre-lancio. Una volta entrati in uno show, Peach deve andare a caccia del suo costume, per poi ereditarne i poteri. Nei momenti iniziali dei primi livelli la principessa deve usare il potere dello Splendore dell'amica Stella per scacciare gli scagnozzi nemici e compiere piccole azioni. Una volta ottenuta la trasformazione, il gameplay inizia a diramarsi e Peach diventa decisamente più forte.
Peach spadaccina ci porta in un'atmosfera che è un misto tra il Medioevo e il Seicento francese de I tre moschettieri di Dumas, con un gameplay d'azione molto improntato sul combattimento contro grandi quantità di nemici e sulle schivate, devastanti e con un tempo di reazione richiesto molto generoso. Il tutto si sviluppa in modo molto lineare.
Lo spettacolo di Peach pasticciera, invece, segue un ritmo completamente diverso. Non c'è combattimento, e il livello si divide in due specie di minigiochi: decorare torte e sfornare i biscotti. Entrambe le parti sono molto facili e basilari: si tratta di replicare la decorazione di una torta nel modo giusto (e il margine d'errore è molto poco severo), come nel minigioco Dolcetti Perfetti di Mario Party 8, e di mescolare gli impasti premendo ripetutamente B e rilasciandolo nel momento giusto, per poi spostare i biscotti sui carrelli, un po' in stile Overcooked. Insomma, mini-sfide essenziali e dalla poca profondità che però fanno il loro dovere, cioè intrattenere e strappare un sorriso.
Fin dalle prime battute risulta chiara la filosofia del gioco: semplicità, facilità d'uso e immediatezza. Ma tutto ciò non va visto come un grande malus: è semplicemente una scelta di design, indirizzata ugualmente sia ai più piccoli, o ai meno avvezzi alle sfide più difficili, sia ai giocatori più esperti ma in cerca di un'esperienza più tranquilla e scorrevole. Insomma, non è un gioco per chi cerca un livello di sfida elevato e punitivo, ma ciò non vuol dire che i livelli siano facili a un livello così imbarazzante da indurre soltanto alla noia. I comandi sono reattivi, e i diversi tipi di gameplay funzionano quasi sempre molto bene, con rari momenti di controlli un po' imprecisi o confusi. Inoltre, i suggerimenti e i tutorial sono incredibilmente poco invasivi, e del tutto opzionali. Il gioco tende a lasciare sempre al giocatore l'iniziativa di scoprire i poteri della principessa, anche perché quasi tutti i comandi d'azione sono molto intuitivi, essendo concentrati sul tasto B, con il salto sulla A. In alcuni casi, però, non è sempre immediato capire cosa dobbiamo fare.
Il loop che si va a creare è semplice: Peach deve superare i quattro livelli proposti per sbloccare una battaglia boss che conduce al piano successivo, e così via fino a raggiungere l’ultimo piano del teatro. Fa piacere che l’ordine dei quattro spettacoli sia a piacimento del giocatore, una scelta che a lato pratico non serve a molto ma che dà quella sensazione in più di libertà che non nuoce mai. Piano dopo piano scopriamo tutti e dieci i costumi, con tre livelli a testa, per un totale di trenta.
Gli spettacoli con Peach ladra misteriosa ci portano in un mondo tra il noir e lo steampunk, e sono molto improntati sul platforming. L'abilità speciale consiste in un rampino, che si può usare in più direzioni per agganciarsi a degli appigli o per azionare interruttori distanti. Ci sono anche sezioni di volo su deltaplano, e altre sorprese.
Peach cowgirl, invece, può attaccare i nemici con un potente lazo, per afferrarli e lanciarli via, o per colpirli con oggetti come barili. In pieno stile western, abbiamo inseguimenti a cavallo (a volte un po' confusionari), treni a vapore e fuorilegge da consegnare alla giustizia.
Il gameplay di Peach sirena è forse il più insolito: si deve nuotare in livelli subacquei controllando a distanza degli animali marini tramite il canto di Peach. I controlli non sono sempre perfetti, specialmente nelle fasi a scorrimento laterale, o in quelle più concitate. Chi ha giocato a Wandersong, una gemma indie abbastanza oscura, troverà alcune somiglianze con la meccanica del canto "direzionale", usato come modo per interagire con lo scenario. Ci sono anche alcune parti ritmiche piuttosto esigue, e per fortuna nessun incubo soporifero in stile Kingdom Hearts. Inoltre, le musiche dei livelli acquatici sono tra le migliori, con melodie sempre semplici ma dolci e raffinate, che creano un'atmosfera davvero onirica.
Con Peach investigatrice il ritmo si abbassa nuovamente: siamo chiamati a risolvere piccoli enigmi esplorando e analizzando uno scenario urbano, puntando il dito verso oggetti o personaggi sospetti. Sebbene le sfide siano estremamente semplici, è rilassante e piacevole far passeggiare qua e là Peach, conciata in perfetto stile Sherlock Holmes, con tanto di lente d'ingrandimento sempre con sé.
Insomma, i diversi tipi di gameplay sono piuttosto variegati, e anche se molti di essi non hanno enormi differenze, è piacevole scoprirli. L'effetto sorpresa, purtroppo, non dura moltissimo. Infatti, il contro di questo approccio semplicistico degli sviluppatori è che quasi tutte le meccaniche, per quanto volutamente essenziali, rimangono sempre abbozzate e poco approfondite.
Ogni livello ha un discreto numero di collezionabili: le gemme splendenti (di solito dieci o sette) e un bonus, cioè un fiocco o una coccarda ottenibili salvando un maldestro Teatrì dal vestito elegante che sembra amare cacciarsi nei guai negli angoli più nascosti. A volte le gemme vengono assegnate superando sezioni obbligatorie del livello, come per esempio sconfiggere dei nemici, superare piccole sfide o salvare dei Teatrì. In un certo senso, possono assomigliare alle numerose Lune di Super Mario Odyssey, trasposte in livelli lineari e non aperti. Good-Feel, soprattutto in Crafted World ci aveva abituato a un completismo davvero frustrante e ripetitivo; in Showtime, invece, questo difetto incide decisamente di meno. Le gemme davvero frustranti sono poche, e spesso concentrate nei livelli più brevi. Ho completato circa metà dei livelli al 100% al primo colpo, semplicemente prestando attenzione agli indizi spesso nascosti nello scenario: non è necessario dunque un backtracking ripetuto e insensato per raggiungere il completamento perfetto del gioco, "basta" rigiocare gli scenari un paio di volte, in media. Sebbene i criteri di ottenimento di alcune gemme siano talvolta un po' troppo criptici, il problema più grande sta nel fatto che i livelli contengono svariate cutscene impossibili da saltare, rendendo l'esperienza più faticosa del previsto. Inoltre, molto spesso non è possibile ritornare in sezioni precedenti: una volta passato il checkpoint, il gioco è fatto.
Il gioco si completa in una decina di ore, o anche meno se si procede a passo spedito. Oltre a tutti i collezionabili, è anche presente un discreto post-game con alcune attività extra. Come detto sopra, raggiungere il 100% può diventare tedioso, ma nulla di così drammatico, né peggio rispetto ad altri giochi più quotati. La brevità di buona parte dei livelli aiuta sicuramente la rigiocabilità: anche se ci si perde una gemma, non si tende ad avere la sensazione di aver sprecato una montagna di tempo. In ogni caso, è apprezzabile la scelta di non aver riempito il gioco di backtracking (ricordiamo i Toad da salvare in Super Princess Peach, obbligatori per il finale!) o di momenti filler architettati apposta per allungare il brodo. Certo, sarebbe stato bello un livello bonus per ambientazione, o un paio di costumi in più: è corretto non stroppiare, ma poteva starci qualche sorpresa aggiuntiva.
Monologo finale
(Si spostano i riflettori).
Abbiamo detto che Showtime è sempre stato un gioco atipico e difficile da definire, fin dal suo annuncio senza nome. Come potremmo descriverlo adesso? In realtà, è tuttora un gioco atipico e difficile da descrivere a parole, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Un fatto certo è che è un titolo che funziona, che diverte e intrattiene per la sua durata, e già questo è un solido punto di partenza. Come detto più volte, la visione degli sviluppatori consisteva nel creare un gioco molto accessibile per varie fette di pubblico, leggero e sereno, e in questo hanno fatto centro. Certo, non parliamo di un titolo rivoluzionario o paragonabile a un Super Mario 3D, ma al termine di due generazioni – ahimè – infestate talvolta da giochi anonimi o incompleti, Showtime sa brillare quando deve, e porta una ventata d'aria fresca fatta di ambientazioni deliziose, idee divertenti, personaggi originali e fasi di gioco ben diversificate. Certo, non si può dire che ogni trasformazione di Peach sia come un genere a sé, perché le variazioni di gameplay sono sempre piuttosto limitate, ma il risultato finale è ben ponderato ed equilibrato, e non annoia. Chi si ricorda di Wario: Master of Disguise, che partiva da un concetto di base simile, ricorderà anche che non sempre una moltitudine di idee è capace di coesistere in modo funzionale col level design, e che l'ambizione o la creatività non sempre bastano per creare un'esperienza che non sia frustrante a livello pratico.
Insomma, Showtime è un gioco che consiglierei a tutti; Good-Feel ha saputo creare un'esperienza riuscita e diversa dal solito, anche se non esente da difetti. Quando il sipario si chiude, siamo dispiaciuti che lo spettacolo sia finito così presto, ma anche rincuorati dal fatto che questa sia la strada giusta per il futuro degli spin-off di Super Mario.
★ Tanta originalità e carisma
★ Artisticamente bellissimo: scenari, costumi e musica sono i protagonisti indiscussi
★ Gameplay semplice ma ben variegato
★ L'esperienza di gioco è rilassante e piacevole
★ Buon numero di costumi sbloccabili e collezionabili nascosti
★ Imperfetto sul lato tecnico, con un framerate non ottimale
★ Non ricchissimo di contenuti, per quanto riguarda la storia principale
★ Trama molto basilare
★ Alcune idee potevano essere approfondite di più, anche di poco
Princess Peach: Showtime! è un'esperienza nuova e divertente, e in questi casi penso che sia l'unica cosa che conta davvero. Se può peccare di eccessiva banalità e di poca longevità, compensa con un comparto artistico di tutto rispetto e con moltissime piccole idee difficili da ignorare. Insomma, è uno spettacolo che merita di essere visto, soprattutto se cercate un'esperienza leggera e diversa dal solito.